Ius Culturae: cos’è, come funziona, differenza con lo Ius Soli



Redatto da Oltre la Linea.

Ius Culturae, la proposta di legge tanto cara al PD potrebbe tornare in auge nei prossimi mesi. Come abbiamo ricordato ieri, questa versione “temperata” dello Ius Soli è da qualche anno una vera e propria fissazione della sinistra italiana.

Ius Culturae, come funziona

Lo Ius Culturae pensato dal PD  prevede che possa ottenere la cittadinanza qualsiasi minore nato o entrato in Italia entro il dodicesimo anno di età, a condizione che abbia frequentato regolarmente cinque anni di studio e formazione professionale, triennale o quadriennale, per conseguire una qualifica professionale.

Si tratta quindi di una versione differente dallo Ius Soli “puro” che invece prevede l’ottenimento della cittadinanza per nascita sul territorio senza nessuna condizione, come avviene negli Stati Uniti, in Canada, e in parte dell’America meridionale.

Ius Culturae: situazione attuale

In questo momento in Italia vige lo Ius Sanguinis: chi ha almeno uno dei due genitori di nazionalità italiana acquisisce automaticamente la cittadinanza. Ci sono però delle eccezioni in cui viene applicato direttamente lo Ius Soli:  il primo caso è quello di un bambino che nasce sul territorio italiano da genitori ignoti, apolidi o impossibilitati a trasmettere ad esso una qualsiasi cittadinanza secondo la legge dello Stato di provenienza. Il secondo si verifica quando un soggetto viene trovato sul territorio italiano e la sua provenienza genitoriale non è determiinabile.

Ius Culturae: quando viene applicato con la legge attuale

In realtà, anche oggi una forma di Ius Culturae viene attuata. Secondo la legge 91 del 1992 infatti, il nato in Italia da genitori italiani può diventare cittadino italiano al diciottesimo anno di età, a condizione che abbia mantenuto la propria residenza sempre in Italia. Per semplificare e far comprendere meglio al lettore sarà utile il caso del calciatore Mario Balotelli, nato a Palermo da genitori africani e adottato nel bresciano: il ragazzo ha ottenuto la cittadinanza dopo 18 anni di residenza in Italia.

Conclusione

Lo Ius Culturae potrebbe concretarsi in uno “Ius Soli travestito”, vediamo perché. L’Italia ha recepito qualcosa come 800mila clandestini negli ultimi 8 anni. Clandestini che rimangono sul nostro territorio per gran parte, nonostante le “promesse” di redistribuzione e vari accordi europei che non hanno mai avuto nessuna attuazione concreta. E non solo, anche le poche volte che qualcuno ha accettato delle quote, queste sono state rispedite al mittente, ovvero a noi: nel 2019 addirittura il numero di clandestini reinviati nel nostro Paese dai cosiddetti “partner” è stato superiore al numero di sbarcati, il che vuol dire che oltre ad essere un imbuto stantio, l’Italia subisce pure una sorta di effetto “boomerang” che riporta bene o male un numero significativo di clandestini sul proprio territorio.

È evidente che, per quanto lo Ius Culturae immaginato dal PD non conceda la cittadinanza immediata alla nascita, le condizioni per la permanenza prolungata in un contesto simile potrebbero essere notevolmente facilitate, per lo meno se la situazione non cambierà in modo rapido e definitivo in futuro.

(la Redazione)

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