Alain de Benoist: il liberalismo e la Quinta Burbank

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Redatto da Oltre la Linea.

In una intervista risalente al principio di questo 2019, Alain de Benoist ha risposto in maniera ficcante alla domanda su come si potrà superare il liberalismo.

Breizh-info.com: «Quali antidoti, quali alternative esistono, o restano da inventare, perché le nostre società trionfino su questo liberalismo

Alain de Benoist: «Ovviamente non esiste una ricetta miracolosa. D’altra parte, c’è una situazione generale che evolve sempre più rapidamente e che ora mostra i limiti del sistema attuale. Che si tratti del sistema politico della democrazia liberale o del sistema economico di una forma-capitale confrontata con l’immensa minaccia di una generale svalutazione del valore.

Il futuro è locale, dei circuiti brevi, della rinascita delle comunità umane, della democrazia diretta, dell’abbandono dei valori esclusivamente mercantili. L’antidoto sarà stato scoperto quando i cittadini avranno scoperto che non sono solo dei consumatori, e che la vita può essere più bella quando si ripudia un mondo in cui nulla ha più valore, ma dove tutto ha un prezzo».

 

Oltre il liberalismo, serve la coscienza

L’ultimo pensiero è sostanziale e fa al caso nostro. Se politicamente, sociologicamente e psicologicamente sottoscrivo la condivisione a quel pensiero, ontologicamente la mia sicurezza vacilla in maniera pericolosa.

Il perché dell’incertezza è di tipo semplice, anzi banale. In quella frase è presente un’unità di misura che potremmo chiamare generazionale. Affinché un cittadino scopra di essere solo consumatore – in un mondo laddove il denaro brucia i valori, e per ciò stesso le identità, le tradizioni, le comunità, la serenità, la salute e via discorrendo -, è necessaria una serie di prese di coscienza che non tutti compiono nel proprio arco di vita.

Oggi – ma il paragone con altre epoche sarebbe cosa elementare per storici e sociologi – godiamo pure della fortuna di essere in mezzo al guado, un notevole stimolo a porsi domande di implicazione evolutiva. Eppure, nonostante lo stimolo indotto dalle difficoltà e dall’incertezza, nonché da una speranza ridotta alla resilienza, non è difficile condividere il fatto che quella catena di prese di coscienza utili a riconoscere di essere merce da mercato, stia tardando a compiersi.

 

L’aporia generazionale: l’esperimento di Lorenz

«La mia affermazione – direbbe de Benoist, e non è difficile crederlo – si riferisce ed implica un processo che coinvolge più generazioni». Anche su questo non si può che condividere. Ma, e questo è il punto, ogni generazione compare nella realtà come le oche di Konrad Lorenz. Ciò che i neonati vedono, tra starnazzi e vagiti, corrisponde al vero. Nel caso delle oche, alla madre, anche se era Lorenz stesso che avevano di fronte.

L’esperimento dell’etologo austriaco è utile per comprendere che l’affermazione di de Benoist, affinché prenda il suo pieno significato e diffonda la sua deflagrazione, necessita di un raggio d’azione pluri-generazionale. Un servizio che tende ad essere impossibile, a causa del fatto che le generazioni ripartono da zero ogni volta. Anzi, anche da sottozero. La saggezza non si tramanda in un ambito senza confini certi, dai valori liquidi, e l’esperienza non è mai trasmissibile.

Quindi, il diritto di bere qualunque realtà trovi il neonato è sacrosanto, ineludibile, incomprimibile, da rispettare. Così, pensare a una evoluzione dell’umanità che non sia solo crassa, tecnologica e materiale, è cosa inopportuna.

La storia si ripete e si ripeterà finché ci identificheremo con i nostri sentimenti, finché le emozioni ci trascineranno lontani da noi stessi, nel profondo dell’orgoglio. La logica dello scontro e la scelta della sopraffazione si nutrono di quelle modalità.

 

La visione di de Benoist nel mondo attuale

L’affermazione di de Benoist diventa utopica se inserita in un contesto quale il nostro, diciamo, di perdizione, egoico, narcisistico, individualistico. Certamente, de Benoist è consapevole che la meta che indica necessita di una corsa di lunga durata, di un passaggio del testimone, di una squadra di generazioni unita, costituzionalmente invulnerabile.

Diversamente, come si potrebbe contrastare chi detiene la comunicazione e guida la realtà a proprio uso e consumo? Cioè i poteri finanziari, occulti e criminali, che per qualcuno corrispondono soltanto a espressioni di persone che meglio di altre hanno saputo cavalcare la realtà. La partita è platealmente impari, tanto che citare Davide e Golia non può che evocare solo molto lontanamente le forze in campo, meglio visibili come la formica e l’elefante.

Ma anche il piccolo imenottero ed il grande mammifero non risolvono del tutto la prospettiva della questione. Combattere, reagire e ribellarsi hanno sempre le loro imenottere ragioni. Per trovarle è necessario ritornare all’ambito utile affinché un progetto plurigenerazionale possa avviarsi e ultimarsi. Nessun elefante la farebbe più franca.

 

Il liberalismo e la battaglia imenottera

I terrazzamenti (opere dei montanari) delle Alpi e degli Appennini ben rappresentano la battaglia imenottera: piena di fatica, ma ancor più piena della visione che ogni mano callosa che ci ha lavorato aveva davanti a sé. Si sta disquisendo proprio del ritorno a quel contesto di valori certi, di consapevoli confini di sé, di identificazione con la comunità, di solidarietà immancabile.

Cioè, a quanto de Benoist allude e dice per formulare un’idea sulla fine dell’alienazione liberale, che parte dal nostro contesto intriso di diritti individuali: ovverosia, di identificazione con l’avere; di incapacità di una conoscenza che non sia analitica, tecnica, misurabile e misurante; di possibilità aperte solo, sempre e necessariamente a chiunque ne abbia pagato il ticket.

Le oche che nascono oggi, hanno davanti a sé un mondo in cui Sanremo, il Festival, occupa uno spazio sufficiente per fare da madre. Quanto impiegheranno a sospettare che dietro la «Quinta Burbank» ci sia un’altra realtà, non artefatta, più a misura d’uomo e al suo equilibrio? Necessariamente molto verrebbe da dire. Ma non è vero, o meglio non è il modo opportuno per dare risposta alla domanda.

 

De Benoist e la Quinta Burbank

Sappiamo che per certi aspetti impieghiamo una vita a metterci in pari, e a volte non basta, a comprendere quali erano le forze che ci hanno battuto e quali ci servano per mantenersi sereni. L’impossibilità di una evoluzione sociale parrebbe già così argomentata. Ma non basta, c’è un’ulteriore complicazione affinché l’utopia si realizzi. Sempre che, distratti da qualche vizio od individualismo prezzolato, la sua immagine non ci esca dal campo visivo.

Si tratta dei Grandi Numeri. Un ambito la cui principale caratteristica è data dal numero elevato dei suoi componenti. I grandi numeri degli imenotteri non sono soggetti a quanto invece è caratteristico in ambito umano. Lo scopo ed il ruolo di ogni individuo formica non è un’opzione come nel nostro caso. Resta fisso per la durata della vita. Sanno che i loro progetti, come nel caso dei terrazzamenti non si esauriscono con la loro morte.

Nei grandi numeri di tipo umano, tende a desistere uno spazio per idee, scelte e comportamenti differenti e contraddittori tra loro. Anzi, pare ne siano l’identità costitutiva stessa. Se si aggiunge il capillare accesso alla comunicazione, con la sua conseguenza di relativizzazione di principi e valori, si giunge a dover ammettere che l’evoluzione necessaria al progetto enunciato da De Benoist – il liberismo cesserà quando potremo realizzare piccole comunità e rifiutare l’opulenza – subirà un ulteriore rallentamento. Una visione forse pessimistica ma di fatto dettata da una certa osservazione delle forze e delle dinamiche sociali.

 

La speranza: un passo alla volta

C’è però una speranza che nasce da un’altra osservazione. Il neocapitalismo ed il neoliberismo hanno finora ritenuto d’aver dimostrato che il mondo è infinitamente sfruttabile ed il progresso è lineare e crescente in funzione dei consumi, del PIL, e così via. Nei confronti di questa prospettiva, effettivamente sempre più persone stanno aprendo gli occhi e, meravigliate, si chiedono «Come abbiamo potuto arrivare dove siamo?».

Dunque l’ottimismo sta in questa domanda, anzi nella sua risposta: «Un passo alla volta». Ossia, indipendentemente dal grande mammifero che ci vuole annientare, abbiamo la certezza che, un passo alla volta, secondo quanto dice de Benoist e secondo quanto ci dicono i terrazzamenti, ogni visione contiene la garanzia della sua realizzazione.

[Prima pubblicazione su Come Don Chisciotte]

–> LEGGI ANCHE “PERCHÉ IL LIBERALISMO È DESTINATO A FALLIRE: PARLA JOHN MEARSHEIMER”

(Lorenzo Merlo – Victory Project)

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