Redatto da Oltre la Linea.
“Biloslavo fascista“. Sembra quasi una barzelletta, ma da anni è diventata pura cronaca. L’accusa di fascismo ogni tot deve tornare per forza in auge, specialmente quando deve limitare la libertà di parola. Il luogo è Trento, alla facoltà di sociologia, il gruppo di simpatici amici, quelli dei soliti circoli “de sinistra”
Il “Biloslavo fascista” si sfoga
“Torna il clima degli anni di piombo”, secondo il cronista, che si sfoga su il Giornale: “Non mi hanno sparato, per fortuna, com’è capitato al fondatore di questo giornale, Indro Montanelli, ma forse il vulnus brucia ancora di più. Un gruppo di facinorosi di estrema sinistra è riuscito a impedire che prendessi la parola alla facoltà di sociologia. Da giorni facevano cagnara e hanno appeso uno striscione all’ingresso con lo slogan «fuori i fascisti dall’università». La firma è del Cur, Collettivo Universitario Refresh, che ieri ha postato tranquillamente su Facebook una frase di Ulrike Meinhof, eroina della Raf, i terroristi tedeschi durante la guerra fredda. La mia colpa? Essere un uomo «nero» come dimostrerebbe la militanza nel Fronte della gioventù di Trieste, 40 anni fa, quando portavo i calzoni corti, fino agli articoli sul Giornale.”
Chi aveva invitato Biloslavo? Un gruppo studentesco di sinistra
La violenta minoranza alla fine ha avuto la meglio contro il Biloslavo fascista. Con un cavillo, a Biloslavo è stato impedito l’accesso all’aula Kessler. L’ironia della vicenda e che a invitarlo era stato un gruppo studentesco di centro sinistra interessato a disquisire della crisi libica. Un atto gravissimo, per altri “compagni”: “Proprio loro sono stati «incolpati» di non avere compilato correttamente le carte. Alla fine un funzionario dell’università che neppure si è fatto vedere, mi ha confermato al telefono, un’ora prima della conferenza, che era saltata. Nonostante i costernati ragazzi che mi avevano invitato fossero nati ben dopo il crollo del muro di Berlino mi sembrava di non essere più nel 2019 in un paese libero, ma di avere fatto un salto nel tempo tornando al buio e alle prevaricazioni degli anni settanta”, ha scritto Bitoslavo nel suo articolo.
Divieto d’ingresso al fascista
Alla fine Biloslavo non è riuscito neanche a entrare in facoltà, completamente blindata dagli attivisti. Uno stallo contro cui nulla hanno potuto sia Celere che Digos. Non poteva mancare l’accusa di essere stato collaboratore della fascistissima Altaforte. Oppure di aver fascistamente ricordato Norma Crosetto, la martire istriana delle foibe. Per carità, “Bitoslavo non deve entrare in Università”. Strano che nessuno abbia ricordato la difesa che il cronista fece della statua commerativa di D’Annunzio, di cui si era ostacolata l’inaugurazione qualche tempo fa.
“L’unico conforto di una giornata da anni di piombo – conclude poi il giornalista – è stata la mail arrivata dal Rettore dell’università di Trento mentre rientravo a casa in treno. Paolo Collini, che era all’estero, è mortificato da quanto accaduto e ha parlato di pignoleria dei funzionari. Senza peli sulla lingua ha ammesso che a sociologia ci sono degli studenti e pure personaggi estranei all’Ateneo, che vivono nella nostalgia di una stagione che non esiste più. Il Rettore ha ribadito che l’università rimane un luogo aperto e libero, anche se al sottoscritto questa libertà è stata negata. E mi ha invitato a tornare a Trento per la conferenza vietata dagli estremisti di sinistra. Accetto volentieri a patto che si tenga a sociologia nell’aula negata dall’Ateneo per timore dei violenti.”
Peccato che le scuse, sebbene ben accette, non risolvano per il meglio una vicenda triste come questa.
(di Stelio Fergola)
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